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Natale: una porta per la fede

Oggi è realmente difficile credere.
Il papa Benedetto indicendo l’Anno della Fede, ha voluto intitolare la sua Lettera apostolica ‘La porta della fede’. Il Natale vicino mi fa pensare che esso possa diventare per molti (me lo auguro) la porta che li invita ad entrare nella dimensione spirituale della fede.
Ha fatto il giro del mondo la foto di Carlos Daniel Gonzales (6 anni) mentre abbraccia ed accompagna la sorellina Jimena (4 anni) il giorno in cui tutta la sua famiglia è stata massacrata in Guatemala. Ed ho negli occhi, mentre scrivo, le immagini dei bambini uccisi nei bombardamenti di Gaza City e le urla strazianti delle madri che ricordano la biblica Rachele (Matteo 2,18). I bambini quando nascono, quando giocano, quando muoiono sono ancora capaci di perforare la impermeabile corazza della nostra indifferenza.
Il Natale può realmente farci scoprire, quasi incantati e sorpresi, il mistero e la realtà di un Dio che ha voluto farsi compagno di ogni donna e uomo nel complicato viaggio della vita. Un Dio che in Gesù di Nazaret – ma anche di Betlemme, del Calvario – ha condiviso ogni situazione umana dalla più felice a quella più drammatica. Il primo messaggio o, se vogliamo, il primo squillo di campanello alla nostra porta è l’iniziativa di condivisione divina della nostra vita. Quando vediamo un bimbo, immediatamente, col sorriso, ci spunta nel cuore il pensiero della vita che gli sta davanti, del futuro. Egli è futuro, speranza. Per crescere e costruire futuro sono necessari cura, impegno, responsabilità. E’ questo, a mio avviso, il secondo messag- gio oggi più che mai indispensabile. E poi quel luogo così poco adat- to ad una maternità e che il Vangelo precisa (Luca 2,7) “perché per loro non c’era posto nell’alloggio”, ci indica la via di una essenzialità, di una sobrietà che non ha più bisogno di tante cose perché quella creatura fragile e indifesa è ora la più importante, la vera ricchezza. Davanti ad un bambino poi è necessario piegarsi, farsi in un certo senso piccoli nei gesti, nel linguaggio per comunicargli il nostro inte- resse ed il nostro affetto. Penso che anche questo atteggiamento di disponibile umiltà e piccolezza possa smontare la nostra complicata autosufficienza e presunzione e farci aprire, con semplicità e fiducia, all’accoglienza di quel Bambino che viene a portare nel mondo inte- ro i tesori della Luce e della Vita, a dare senso, pienezza, speranza ad ogni mattino.
E - non dimentichiamo - che quella porta si apre solo dall’interno. Girare quella chiave, sbloccare quel chiavistello ed aprire, dipende solo da noi.

Don Claudio